Ritratto di un demone
di Gianna Mazzini
In cima a tutti c'è lui, il Re demone del sesto cielo, con i suoi dieci eserciti pronti ad accerchiarci. Ma osservando la nostra mente attraverso la preghiera troviamo la forza di scoprire la loro fragilità
Appare per far smettere di pregare, fiaccare lo stato vitale, indebolire la fede. «Quando incontra qualcuno che ha rivolto il suo cuore al bene, cerca di ostacolarlo» (Lettera ai fratelli, RSND, 1, 440; cfr. SND, 4, 108). Eppure la sua apparizione è proprio il segno della crescita. Se non stessimo attraversando profondi cambiamenti non ci sarebbe nessun motivo valido, per lui, di farsi vivo e sbarrarci la strada. Si chiama Demone del sesto cielo e, nella splendida allegoria del Buddismo, è rappresentato come un re molto potente che ha al suo seguito dieci eserciti. Si tratta di eserciti insoliti, perché i suoi soldati sono vestiti di desiderio, di tristezza, di fame e sete, di piacere, di sonno, di paura, di dubbio e rimpianto, di collera, di fama e guadagno e d'orgoglio e disprezzo. Sono eserciti che ti accerchiano e ti spiazzano. Mentre scrivevo quest'articolo sono venuti a trovarmi un po' tutti. Ogni tanto una bordata d'orgoglio, uno sparo di tristezza. O di piacere. Li incontri quando meno te l'aspetti, e con una forma sempre diversa: oggi, ad esempio, è stato il caso di un esercito di sonno. Mi si chiudevano gli occhi proprio quando mi mettevo a pregare, avevo voglia di sdraiarmi sul letto e non pensare a niente. Ma non l'ho fatto. Conoscere queste dieci forze serve proprio per riuscire a batterle. Demone viene da daimon, parola greca che significava in origine "spirito, entità soprannaturale". Per la cultura dell'antica Grecia i demoni erano spiriti, sia positivi che negativi, che governavano gli stati d'animo umani. L'accezione di questa parola non era affatto solo negativa. Quindi, anche se siamo abituati ad associarla con qualcosa di malefico, è importante sapere che esistono anche i demoni del bene, demoni ispiratori di cose buone. Al punto che, in greco antico, la felicità si chiama proprio eudaimonia, che significa "buon demone" o "demone del bene". Il demone è una forza che ci consiglia. Che influenza stati d'animo e comportamenti. Una specie di voce interna che ha il potere di farci scegliere fra questo o quello, che indirizza. Senza sonno non si vive. È al sonno e al suo potere rigenerante che devo il miracolo del risveglio ogni mattina. Una giusta quantità di paura è necessaria per produrre pensieri e azioni che possono trasformarsi in capacità di misurare gli eventi. Serve il desiderio, perché fa muovere: spinge il cuore e il corpo oltre ogni ostacolo. Alimenta la vita e proietta in avanti. Serve anche un po' di sana tristezza. Quando si cambia si diventa sempre un po' tristi. È la reazione ad abbandonare parti di sé che non servono più. Poi ci sono la fame e la sete, senza le quali un corpo non si nutre, una giornata non riesce a fare spazio alla giornata successiva, non si cresce e non si rimane vivi. Serve il piacere, che è una forma di manifestazione d'amore per sé, per un altro o un'altra, per qualcosa. Serve il dubbio, che fa cercare e rideterminare, serve la collera, quando è orientata a combattere le ingiustizie. Serve anche una giusta spinta a guadagno e fama. Persino l'orgoglio può essere importante: ha fatto uno scatto di orgoglio, si dice di qualcuno che riesce a rialzarsi dopo una fase di sconforto. Non è la loro presenza nella nostra vita a essere negativa. È la ragione per cui appaiono queste forze a renderle "demoniache", nel senso di "padrone di noi". La tristezza diventa un esercito del demone quando si mangia la voglia di credere e di pregare. Quando la paura diventa un esercito di pensieri infidi e potenti, scatena un potere devastante. Per paura siamo capaci di trasformare le nostre case e i nostri sguardi. Sbarre alle finestre, lucchetti ai cassetti. Elmetto in testa e parole cattive nel cuore e nella gola, pronte a uscire come proiettili in canna. C'è l'esercito del dubbio e del rimpianto quando la testa si riempie di «se avessi fatto, se avessi detto». Mille pensieri con la faccia rivolta all'indietro, che ingabbiano la fede, fermano la preghiera e non fanno andare di fronte al Gohonzon. La collera può essere il modo sano di far fronte a quello che non va. Ma può diventare, in un attimo, una furia che spacca le cose fuori di sé prima di avere la forza di guardare dentro. E poi ci sono gli eserciti della fama e del guadagno, migliaia di soldati fatti di pensieri che ci fanno sentire arrivati e superiori agli altri. Soldati pieni di disprezzo che scavano solchi profondi fra noi e chiunque altro. Scrive Nichiren Daishonin nel Gosho Curare la malattia: «L'oscurità fondamentale si manifesta come Re demone del sesto cielo» (RSND, 1, 988; cfr. SND, 5, 78). Il Re demone viene definito come "colui che gode liberamente delle creazioni illusorie degli altri". Lui, il demone, prova piacere nel vedere che caschiamo nel suo tranello e crediamo ai suoi camuffamenti. Vuole tenerci all'oscuro del fatto che la nostra vita e quelle degli altri sono tutte entità della Legge mistica. Vuole tenerci al buio. Ed è proprio da questo buio che partono tutte le illusioni che portano all'infelicità e ci fanno fare azioni distruttive. È importante allora ricordarsi che "lui", il demone, è un'allegoria, cioè una personificazione di qualcosa di invisibile agli occhi, e che in realtà è dentro e fuori di noi. Può farsi largo nella nostra mente, in quella delle persone intorno a noi e nell'ambiente. Non solo nei nostri pensieri quando sono annebbiati, ma anche nei sottilissimi condizionamenti della società in cui viviamo. Il demone del sesto cielo è molto a suo agio nel nostro tempo: perché è un tempo governato dall'esaltazione degli eccessi, profondamente imbevuto di una cultura che premia il disprezzo e la voglia di dominare gli altri, un tempo che coltiva ogni forma di attaccamento al piacere, incoraggia il desiderio di accumulare quanto più denaro possibile, e fa sentire molto fieri di cavalcare desideri e privilegi. La natura demoniaca del potere è proprio questa: utilizzare questa nostra ignoranza e spingere a guardare la vita con disprezzo, e a usare gli altri per i propri fini. Ma quando parliamo di demoni, di funzioni negative, non dobbiamo mai cadere nella trappola di considerare queste funzioni come la vera natura della nostra vita. La nostra vera essenza non è negativa. È solo oscurata dalle funzioni negative. Può sembrarci così buia data la natura "massiccia" del demone del sesto cielo. Ma noi abbiamo sempre, in ogni momento della nostra giornata e della nostra vita, la possibilità di osservare la nostra mente, pregando. La padronanza della mente avviene recitando Daimoku, azione magnifica che permette non solo una visione chiara e illuminata ma anche la forza vitale necessaria per agire di conseguenza. Pregando si può scoprire che gli eserciti del Re demone sono tanto temibili quanto fragili. E che la felicità non sta nel non incontrarli mai (cosa peraltro impossibile), né tantomeno nello sterminarli, ma nell'avere la forza di neutralizzare la loro intenzione profonda: che è quella di sviarci e non farci credere nella dignità di ogni forma di vita e nella possibilità di tirare fuori da noi e dalle cose che viviamo il senso più autentico. Serve coraggio: e il coraggio buddista è fatto di assiduità. Di gesti, piccoli o grandi, ma continui. Il demone non si combatte scimmiottandolo, ma restando se stessi, se stesse e approfondendo la fede, pregando, cadendo e rialzandosi, pregando anche quando fa fatica farlo. Un passo dopo l'altro. Con continuità. Un passo dopo l'altro. Il demone si combatte smascherandolo. Azioni apparentemente piccole come alzarsi e andare là, di fronte al Gohonzon, e l'esercito scompare, come un miraggio nel deserto che c'è solo per farti fare un passo avanti. Soldati armati fino ai denti, con fucili di pensieri già fatti che disegnano la vita come è già stata e non come potrebbe essere e anzi sarà. Basta pregare. Basta non significa che è facile, ma che pregare è l'azione necessaria. Basta aprire un libro su una frase del mio maestro e l'esercito si fa da parte, perché capisce che l'ho battuto. Le risposte sono nel cercarle, non nel saperle già.
di Gianna Mazzini
In cima a tutti c'è lui, il Re demone del sesto cielo, con i suoi dieci eserciti pronti ad accerchiarci. Ma osservando la nostra mente attraverso la preghiera troviamo la forza di scoprire la loro fragilità
Appare per far smettere di pregare, fiaccare lo stato vitale, indebolire la fede. «Quando incontra qualcuno che ha rivolto il suo cuore al bene, cerca di ostacolarlo» (Lettera ai fratelli, RSND, 1, 440; cfr. SND, 4, 108). Eppure la sua apparizione è proprio il segno della crescita. Se non stessimo attraversando profondi cambiamenti non ci sarebbe nessun motivo valido, per lui, di farsi vivo e sbarrarci la strada. Si chiama Demone del sesto cielo e, nella splendida allegoria del Buddismo, è rappresentato come un re molto potente che ha al suo seguito dieci eserciti. Si tratta di eserciti insoliti, perché i suoi soldati sono vestiti di desiderio, di tristezza, di fame e sete, di piacere, di sonno, di paura, di dubbio e rimpianto, di collera, di fama e guadagno e d'orgoglio e disprezzo. Sono eserciti che ti accerchiano e ti spiazzano. Mentre scrivevo quest'articolo sono venuti a trovarmi un po' tutti. Ogni tanto una bordata d'orgoglio, uno sparo di tristezza. O di piacere. Li incontri quando meno te l'aspetti, e con una forma sempre diversa: oggi, ad esempio, è stato il caso di un esercito di sonno. Mi si chiudevano gli occhi proprio quando mi mettevo a pregare, avevo voglia di sdraiarmi sul letto e non pensare a niente. Ma non l'ho fatto. Conoscere queste dieci forze serve proprio per riuscire a batterle. Demone viene da daimon, parola greca che significava in origine "spirito, entità soprannaturale". Per la cultura dell'antica Grecia i demoni erano spiriti, sia positivi che negativi, che governavano gli stati d'animo umani. L'accezione di questa parola non era affatto solo negativa. Quindi, anche se siamo abituati ad associarla con qualcosa di malefico, è importante sapere che esistono anche i demoni del bene, demoni ispiratori di cose buone. Al punto che, in greco antico, la felicità si chiama proprio eudaimonia, che significa "buon demone" o "demone del bene". Il demone è una forza che ci consiglia. Che influenza stati d'animo e comportamenti. Una specie di voce interna che ha il potere di farci scegliere fra questo o quello, che indirizza. Senza sonno non si vive. È al sonno e al suo potere rigenerante che devo il miracolo del risveglio ogni mattina. Una giusta quantità di paura è necessaria per produrre pensieri e azioni che possono trasformarsi in capacità di misurare gli eventi. Serve il desiderio, perché fa muovere: spinge il cuore e il corpo oltre ogni ostacolo. Alimenta la vita e proietta in avanti. Serve anche un po' di sana tristezza. Quando si cambia si diventa sempre un po' tristi. È la reazione ad abbandonare parti di sé che non servono più. Poi ci sono la fame e la sete, senza le quali un corpo non si nutre, una giornata non riesce a fare spazio alla giornata successiva, non si cresce e non si rimane vivi. Serve il piacere, che è una forma di manifestazione d'amore per sé, per un altro o un'altra, per qualcosa. Serve il dubbio, che fa cercare e rideterminare, serve la collera, quando è orientata a combattere le ingiustizie. Serve anche una giusta spinta a guadagno e fama. Persino l'orgoglio può essere importante: ha fatto uno scatto di orgoglio, si dice di qualcuno che riesce a rialzarsi dopo una fase di sconforto. Non è la loro presenza nella nostra vita a essere negativa. È la ragione per cui appaiono queste forze a renderle "demoniache", nel senso di "padrone di noi". La tristezza diventa un esercito del demone quando si mangia la voglia di credere e di pregare. Quando la paura diventa un esercito di pensieri infidi e potenti, scatena un potere devastante. Per paura siamo capaci di trasformare le nostre case e i nostri sguardi. Sbarre alle finestre, lucchetti ai cassetti. Elmetto in testa e parole cattive nel cuore e nella gola, pronte a uscire come proiettili in canna. C'è l'esercito del dubbio e del rimpianto quando la testa si riempie di «se avessi fatto, se avessi detto». Mille pensieri con la faccia rivolta all'indietro, che ingabbiano la fede, fermano la preghiera e non fanno andare di fronte al Gohonzon. La collera può essere il modo sano di far fronte a quello che non va. Ma può diventare, in un attimo, una furia che spacca le cose fuori di sé prima di avere la forza di guardare dentro. E poi ci sono gli eserciti della fama e del guadagno, migliaia di soldati fatti di pensieri che ci fanno sentire arrivati e superiori agli altri. Soldati pieni di disprezzo che scavano solchi profondi fra noi e chiunque altro. Scrive Nichiren Daishonin nel Gosho Curare la malattia: «L'oscurità fondamentale si manifesta come Re demone del sesto cielo» (RSND, 1, 988; cfr. SND, 5, 78). Il Re demone viene definito come "colui che gode liberamente delle creazioni illusorie degli altri". Lui, il demone, prova piacere nel vedere che caschiamo nel suo tranello e crediamo ai suoi camuffamenti. Vuole tenerci all'oscuro del fatto che la nostra vita e quelle degli altri sono tutte entità della Legge mistica. Vuole tenerci al buio. Ed è proprio da questo buio che partono tutte le illusioni che portano all'infelicità e ci fanno fare azioni distruttive. È importante allora ricordarsi che "lui", il demone, è un'allegoria, cioè una personificazione di qualcosa di invisibile agli occhi, e che in realtà è dentro e fuori di noi. Può farsi largo nella nostra mente, in quella delle persone intorno a noi e nell'ambiente. Non solo nei nostri pensieri quando sono annebbiati, ma anche nei sottilissimi condizionamenti della società in cui viviamo. Il demone del sesto cielo è molto a suo agio nel nostro tempo: perché è un tempo governato dall'esaltazione degli eccessi, profondamente imbevuto di una cultura che premia il disprezzo e la voglia di dominare gli altri, un tempo che coltiva ogni forma di attaccamento al piacere, incoraggia il desiderio di accumulare quanto più denaro possibile, e fa sentire molto fieri di cavalcare desideri e privilegi. La natura demoniaca del potere è proprio questa: utilizzare questa nostra ignoranza e spingere a guardare la vita con disprezzo, e a usare gli altri per i propri fini. Ma quando parliamo di demoni, di funzioni negative, non dobbiamo mai cadere nella trappola di considerare queste funzioni come la vera natura della nostra vita. La nostra vera essenza non è negativa. È solo oscurata dalle funzioni negative. Può sembrarci così buia data la natura "massiccia" del demone del sesto cielo. Ma noi abbiamo sempre, in ogni momento della nostra giornata e della nostra vita, la possibilità di osservare la nostra mente, pregando. La padronanza della mente avviene recitando Daimoku, azione magnifica che permette non solo una visione chiara e illuminata ma anche la forza vitale necessaria per agire di conseguenza. Pregando si può scoprire che gli eserciti del Re demone sono tanto temibili quanto fragili. E che la felicità non sta nel non incontrarli mai (cosa peraltro impossibile), né tantomeno nello sterminarli, ma nell'avere la forza di neutralizzare la loro intenzione profonda: che è quella di sviarci e non farci credere nella dignità di ogni forma di vita e nella possibilità di tirare fuori da noi e dalle cose che viviamo il senso più autentico. Serve coraggio: e il coraggio buddista è fatto di assiduità. Di gesti, piccoli o grandi, ma continui. Il demone non si combatte scimmiottandolo, ma restando se stessi, se stesse e approfondendo la fede, pregando, cadendo e rialzandosi, pregando anche quando fa fatica farlo. Un passo dopo l'altro. Con continuità. Un passo dopo l'altro. Il demone si combatte smascherandolo. Azioni apparentemente piccole come alzarsi e andare là, di fronte al Gohonzon, e l'esercito scompare, come un miraggio nel deserto che c'è solo per farti fare un passo avanti. Soldati armati fino ai denti, con fucili di pensieri già fatti che disegnano la vita come è già stata e non come potrebbe essere e anzi sarà. Basta pregare. Basta non significa che è facile, ma che pregare è l'azione necessaria. Basta aprire un libro su una frase del mio maestro e l'esercito si fa da parte, perché capisce che l'ho battuto. Le risposte sono nel cercarle, non nel saperle già.
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