ALLA RICERCA DEL MUTAMENTO
di Andrea Camerani
È sempre straordinario pensare che si può cambiare: una situazione che stiamo vivendo, una sofferenza radicata e così via. Il principio di trasformazione è uno dei cardini del Buddismo, che infonde infinita speranza. Ma va attivato e ricercato instancabilmente finché il cambiamento non diventa visibile agli occhi
Trasformare il veleno in medicina è un principio fondamentale del Buddismo secondo il quale le illusioni, i desideri e le sofferenze possono essere trasformati in beneficio e in Illuminazione grazie al potere della Legge mistica. Viene qui espresso un concetto, quello della trasformazione, che risulta centrale nell'insegnamento del Sutra del Loto, il sutra fondamentale del Budda Shakyamuni, come sottolinea anche l'interpretazione successiva di T'ien‐t'ai, ma soprattutto quella di Nichiren Daishonin, costituendo di fatto la base della pratica durante l'Ultimo giorno della Legge. La portata innovativa di questo principio rispetto agli insegnamenti precedenti, ancorati a una visione statica dei fenomeni, sta nel considerare la dimensione propriamente dinamica della vita, per cui tutti i fenomeni sono in costante movimento e cambiamento. Per introdurre questo principio può essere utile un breve richiamo all'evoluzione delle dottrine buddiste nel periodo successivo alla morte di Shakyamuni, per comprendere appieno la sua importante intuizione, secondo la quale le sofferenze di nascita e morte derivano fondamentalmente dalle illusioni e dai desideri.
Oltre il bene e il male
Dopo la scomparsa di Shakyamuni, dapprima il Buddismo hinayana sosteneva che per combattere il male occorreva eliminare le illusioni e i desideri, ma l'effetto fu che le persone, non riuscendo a liberarsene realmente, presero a disprezzare le sofferenze di nascita e morte, dalle quali inutilmente tentavano di fuggire. In seguito, le dottrine mahayana provvisorie mirarono invece a realizzare un accumulo infinito di buone cause nel corso di molte vite oppure ad affidarsi a un Budda assoluto e trascendente, ma poiché anche questi insegnamenti non conducevano ad alcun risultato tangibile, le persone continuavano a cercare di sfuggire alle sofferenze di nascita e morte, ovviamente senza successo. In realtà non era possibile liberarsi dalle catene di illusioni, desideri e sofferenze in quanto tali pratiche erano fondate sulla convinzione che "illusioni e desideri" e "Illuminazione", fossero destinati a restare separati come pure "sofferenze di nascita e morte" e "Nirvana". In altre parole, non si andava oltre una comprensione incompleta del funzionamento di causa ed effetto secondo la quale il male e il bene rimanevano concetti distinti. La conseguenza fu che le persone persero la speranza e si rassegnarono a vivere in mezzo al male. «Il cuore degli insegnamenti precedenti al Sutra del Loto ‐ scrive il Daishonin ‐ consiste nel fatto che una persona dovrebbe sradicare le illusioni e i desideri, disprezzare le sofferenze di nascita e morte e cercare l'Illuminazione e il Nirvana in qualche altro luogo. Lo spirito del Sutra del Loto è che le illusioni e i desideri sono Illuminazione e le sofferenze di nascita e morte sono Nirvana» (GZ, 821). Per spiegare questo spirito del Sutra del Loto, in un altro scritto, Cosa significa ascoltare per la prima volta il veicolo del Budda, Nichiren espone il concetto dei "semi degli opposti", secondo il quale ciò che si contrappone al conseguimento della Buddità ‐ come le illusioni e i desideri e le sofferenze di nascita e morte ‐ diviene la causa stessa, o seme, per il conseguimento della Buddità. Tale concetto, superando la netta distinzione fra bene e male, sostenuta dalle dottrine provvisorie, offre una visione rivoluzionaria della causalità secondo la quale bene e male non sono separati, e soprattutto il bene può emergere dal male: ciò significa che è possibile che qualcosa di negativo si trasformi in qualcosa di positivo. Questa causalità dei semi degli opposti equivale a "trasformare il veleno in medicina": dunque, come un bravo medico è in grado di usare una sostanza tossica o un veleno come medicina, così attraverso il potere della Legge mistica è possibile trasformare le illusioni e i desideri in Illuminazione e le sofferenze di nascita e morte in Nirvana. Vale a dire che la saggezza per conseguire la Buddità (o Illuminazione) si manifesta nella vita dominata dalle illusioni e dai desideri, e lo stato di vera pace e tranquillità del Budda (o Nirvana) si manifesta nella vita di coloro che sono afflitti dalle sofferenze di nascita e morte.
È sempre straordinario pensare che si può cambiare: una situazione che stiamo vivendo, una sofferenza radicata e così via. Il principio di trasformazione è uno dei cardini del Buddismo, che infonde infinita speranza. Ma va attivato e ricercato instancabilmente finché il cambiamento non diventa visibile agli occhi
Trasformare il veleno in medicina è un principio fondamentale del Buddismo secondo il quale le illusioni, i desideri e le sofferenze possono essere trasformati in beneficio e in Illuminazione grazie al potere della Legge mistica. Viene qui espresso un concetto, quello della trasformazione, che risulta centrale nell'insegnamento del Sutra del Loto, il sutra fondamentale del Budda Shakyamuni, come sottolinea anche l'interpretazione successiva di T'ien‐t'ai, ma soprattutto quella di Nichiren Daishonin, costituendo di fatto la base della pratica durante l'Ultimo giorno della Legge. La portata innovativa di questo principio rispetto agli insegnamenti precedenti, ancorati a una visione statica dei fenomeni, sta nel considerare la dimensione propriamente dinamica della vita, per cui tutti i fenomeni sono in costante movimento e cambiamento. Per introdurre questo principio può essere utile un breve richiamo all'evoluzione delle dottrine buddiste nel periodo successivo alla morte di Shakyamuni, per comprendere appieno la sua importante intuizione, secondo la quale le sofferenze di nascita e morte derivano fondamentalmente dalle illusioni e dai desideri.
Oltre il bene e il male
Dopo la scomparsa di Shakyamuni, dapprima il Buddismo hinayana sosteneva che per combattere il male occorreva eliminare le illusioni e i desideri, ma l'effetto fu che le persone, non riuscendo a liberarsene realmente, presero a disprezzare le sofferenze di nascita e morte, dalle quali inutilmente tentavano di fuggire. In seguito, le dottrine mahayana provvisorie mirarono invece a realizzare un accumulo infinito di buone cause nel corso di molte vite oppure ad affidarsi a un Budda assoluto e trascendente, ma poiché anche questi insegnamenti non conducevano ad alcun risultato tangibile, le persone continuavano a cercare di sfuggire alle sofferenze di nascita e morte, ovviamente senza successo. In realtà non era possibile liberarsi dalle catene di illusioni, desideri e sofferenze in quanto tali pratiche erano fondate sulla convinzione che "illusioni e desideri" e "Illuminazione", fossero destinati a restare separati come pure "sofferenze di nascita e morte" e "Nirvana". In altre parole, non si andava oltre una comprensione incompleta del funzionamento di causa ed effetto secondo la quale il male e il bene rimanevano concetti distinti. La conseguenza fu che le persone persero la speranza e si rassegnarono a vivere in mezzo al male. «Il cuore degli insegnamenti precedenti al Sutra del Loto ‐ scrive il Daishonin ‐ consiste nel fatto che una persona dovrebbe sradicare le illusioni e i desideri, disprezzare le sofferenze di nascita e morte e cercare l'Illuminazione e il Nirvana in qualche altro luogo. Lo spirito del Sutra del Loto è che le illusioni e i desideri sono Illuminazione e le sofferenze di nascita e morte sono Nirvana» (GZ, 821). Per spiegare questo spirito del Sutra del Loto, in un altro scritto, Cosa significa ascoltare per la prima volta il veicolo del Budda, Nichiren espone il concetto dei "semi degli opposti", secondo il quale ciò che si contrappone al conseguimento della Buddità ‐ come le illusioni e i desideri e le sofferenze di nascita e morte ‐ diviene la causa stessa, o seme, per il conseguimento della Buddità. Tale concetto, superando la netta distinzione fra bene e male, sostenuta dalle dottrine provvisorie, offre una visione rivoluzionaria della causalità secondo la quale bene e male non sono separati, e soprattutto il bene può emergere dal male: ciò significa che è possibile che qualcosa di negativo si trasformi in qualcosa di positivo. Questa causalità dei semi degli opposti equivale a "trasformare il veleno in medicina": dunque, come un bravo medico è in grado di usare una sostanza tossica o un veleno come medicina, così attraverso il potere della Legge mistica è possibile trasformare le illusioni e i desideri in Illuminazione e le sofferenze di nascita e morte in Nirvana. Vale a dire che la saggezza per conseguire la Buddità (o Illuminazione) si manifesta nella vita dominata dalle illusioni e dai desideri, e lo stato di vera pace e tranquillità del Budda (o Nirvana) si manifesta nella vita di coloro che sono afflitti dalle sofferenze di nascita e morte.
Soku: il ponte sugli opposti
Le frasi "le illusioni e i desideri sono Illuminazione" e "le sofferenze di nascita e morte sono Nirvana" sono tradotte dal giapponese bonno (illusioni e desideri) soku bodai (Illuminazione) e shoji (sofferenze di nascita e morte) soku nehan (Nirvana). Nel Buddismo la parola soku significa in realtà "non due" o "non separati" o "identici nell'essenza". Questo non solo vuol dire che due elementi antitetici sono uguali nella loro essenza, ma rivela l'esistenza di una relazione dinamica tra due opposti: un ponte che li collega, in un processo di trasformazione che ha una componente mistica. «Attraverso lo straordinario potere del carattere myo, o "mistico", ‐ scrive il Daishonin ‐ questo veleno [delle illusioni e dei desideri e delle sofferenze di nascita e morte] si trasforma nella comprensione che le sofferenze di nascita e morte sono Nirvana e le illusioni e i desideri sono Illuminazione» (WND, 2, 585). Dunque, in sostanza la parola soku rappresenta simbolicamente Nam‐myoho‐renge‐kyo, la pratica che consente il cambiamento, o se vogliamo l'unione degli opposti. Questa trasformazione non avviene però spontaneamente ma va ricercata con costanza attraverso una pratica corretta del Buddismo di Nichiren. Noi stessi possiamo essere gli artefici del cambiamento se attingiamo al potenziale insito nella nostra vita. Ad esempio, quando abbiamo un problema che di solito ci provoca reazioni negative, invece di lasciarci catturare dalle solite tendenze possiamo scegliere di andare davanti al Gohonzon a recitare Daimoku. Quel che succede è che eleviamo la nostra condizione vitale e riusciamo a scorgere nuove possibilità che prima non riuscivamo a vedere per risolvere il problema. In questo modo spezziamo il circolo vizioso, facendo nascere da un evento negativo un effetto positivo. E in ogni caso, anche quando non riusciamo nell'immediato a scorgere gli effetti della nostra pratica, immancabilmente una trasformazione sta operando nella profondità della vita (beneficio invisibile) per cui la nostra esistenza inizia a orientarsi verso la creazione di valore. «Quando recitiamo e basiamo la nostra vita su Nam‐myoho‐renge‐kyo, ‐ ci assicura il presidente Ikeda ‐ esercitandoci con coraggio e vigore nella nostra pratica buddista, in accordo con questo principio saremo in grado di ottenere uno straordinario ribaltamento delle nostre avversità, e persino la più grande sofferenza si trasformerà in un grande risultato» (NR, 437, 14). E mentre ci alleniamo a trasformare il veleno in medicina, col tempo impariamo a non detestare le sofferenze e le difficoltà e a considerarle per quello che sono in realtà: occasioni per costruire un carattere solido e fiducioso e per consentire anche alle altre persone di fare altrettanto.
Le frasi "le illusioni e i desideri sono Illuminazione" e "le sofferenze di nascita e morte sono Nirvana" sono tradotte dal giapponese bonno (illusioni e desideri) soku bodai (Illuminazione) e shoji (sofferenze di nascita e morte) soku nehan (Nirvana). Nel Buddismo la parola soku significa in realtà "non due" o "non separati" o "identici nell'essenza". Questo non solo vuol dire che due elementi antitetici sono uguali nella loro essenza, ma rivela l'esistenza di una relazione dinamica tra due opposti: un ponte che li collega, in un processo di trasformazione che ha una componente mistica. «Attraverso lo straordinario potere del carattere myo, o "mistico", ‐ scrive il Daishonin ‐ questo veleno [delle illusioni e dei desideri e delle sofferenze di nascita e morte] si trasforma nella comprensione che le sofferenze di nascita e morte sono Nirvana e le illusioni e i desideri sono Illuminazione» (WND, 2, 585). Dunque, in sostanza la parola soku rappresenta simbolicamente Nam‐myoho‐renge‐kyo, la pratica che consente il cambiamento, o se vogliamo l'unione degli opposti. Questa trasformazione non avviene però spontaneamente ma va ricercata con costanza attraverso una pratica corretta del Buddismo di Nichiren. Noi stessi possiamo essere gli artefici del cambiamento se attingiamo al potenziale insito nella nostra vita. Ad esempio, quando abbiamo un problema che di solito ci provoca reazioni negative, invece di lasciarci catturare dalle solite tendenze possiamo scegliere di andare davanti al Gohonzon a recitare Daimoku. Quel che succede è che eleviamo la nostra condizione vitale e riusciamo a scorgere nuove possibilità che prima non riuscivamo a vedere per risolvere il problema. In questo modo spezziamo il circolo vizioso, facendo nascere da un evento negativo un effetto positivo. E in ogni caso, anche quando non riusciamo nell'immediato a scorgere gli effetti della nostra pratica, immancabilmente una trasformazione sta operando nella profondità della vita (beneficio invisibile) per cui la nostra esistenza inizia a orientarsi verso la creazione di valore. «Quando recitiamo e basiamo la nostra vita su Nam‐myoho‐renge‐kyo, ‐ ci assicura il presidente Ikeda ‐ esercitandoci con coraggio e vigore nella nostra pratica buddista, in accordo con questo principio saremo in grado di ottenere uno straordinario ribaltamento delle nostre avversità, e persino la più grande sofferenza si trasformerà in un grande risultato» (NR, 437, 14). E mentre ci alleniamo a trasformare il veleno in medicina, col tempo impariamo a non detestare le sofferenze e le difficoltà e a considerarle per quello che sono in realtà: occasioni per costruire un carattere solido e fiducioso e per consentire anche alle altre persone di fare altrettanto.
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